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Aumenta la motivazione alla dieta con la rubrica del lunedì "motivAzione". Se ti nutri bene, guadagni salute.


motivAzione | Come negoziamo un piano di cambiamento (1a parte)

Dietista Vanessa Marrone 10/02/2014 0

Incontro un uomo in sovrappeso e con ridotta tolleranza glicidica non responsiva agli antidiabetici orali. Nessuna cognizione di educazione alimentare. Obiettivi: raggiungere il peso ideale e normalizzare la glicemia. Negoziamo insieme un piano di cambiamento attraverso il colloquio motivazionale.

"Sono giovane, è un po' troppo presto per 'sta cosa", apre così il nostro primo incontro un signore affetto da diabete mellito di tipo 2. "Ultimamente non riesco a controllarmi quando mangio ... Forse mangio troppo o sbaglio qualcosa ... Fatto sta che il diabete si sta alzando sempre più ... Mi sento sempre pesante e sonnolente e questo mi porta ad essere nervoso e a lavorare male". 

Mi sono fatta un'idea del problema. Bene ma prima di elaborare la dieta voglio vederci più chiaro. Faccio compilare al signore il diario alimentare per una settimana per capire la correlazione tra le sue abitudini alimentari e l'andamento della sua glicemia. Dal diario emerge che la glicemia supera i 200 mg/dl quando pranza fuori per lavoro o cena fuori casa in compagnia degli amici

Fuori casa, senza la collaborazione della moglie e condizionato dalle abitudini degli amici, il signore fa un'alimentazione a base di carni rosse, salumi, molto pane, dolci e alcolici. Ovvero un pasto ad alto indice glicemico, ricco di proteine, acidi grassi saturi ed etanolo. Praticamente tutto quello che un diabetico dovrebbe evitare. Difatti la mattina seguente la glicemia è a 202 mg/dl. 

Con qualche informazione tecnica il signore deduce che il suo pasto:
  • è squilibrato dal punto di vista qualitativo e abbondante dal punto di vista quantitativo; 
  • per questo motivo ha influito negativamente sul suo diabete;
  • va corretto in modo che la glicemia si abbassi.

"E allora quando sono fuori che posso mangiare, un'insalata e un frutto?". E' una soluzione impraticabile sia per me sia per lui. Per me è un pasto nutrizionalmente inadeguato. Lui ammette che essere obbligato a doversi limitare a un pasto frugale mentre i suoi amici fanno lauti banchetti lo indurrebbe ad abbandonare il percorso

"Come pensi che potremo procedere?", chiedo io per sondare il terreno.
"Non so bene come ... Senz'altro con l'educazione alimentare. Lo dice anche il mio medico, devo imparare a mangiare. Ma che sia un percorso che non comporti un grosso sacrificio, che non stravolga la mia vita. Questo mi scoraggerebbe."

Una soluzione tutto-o-nulla, "O non vado o vado e mi abbuffo", porterebbe nel primo caso all'abbandono (= non raggiungimento dei risultati) e nel secondo all'eccesso (= non raggiungimento dei risultati). 

Il cambiamento va quindi pianificato negoziando. Teniamo in considerazione tutte le variabili che migliorano l'aderenza al trattamento nutrizionale. Nel caso di questo signore i fattori in gioco sono i fabbisogni, i suoi gusti, i suoi desideri e la necessità di tenere sotto controllo la glicemia. Se modificherà le sue abitudini senza sforzo, facendo quello che si ritiene capace di fare e nel modo in cui lui decide di farlo, seguirà meglio e più a lungo il programma. Così raggiungerà i risultati.

Iniziare un percorso non vuol dire solo seguire una dieta. Il paziente non è un raccoglitore passivo di informazioni e un mero esecutore delle indicazioni dell'operatore. Il paziente è il principale pianificatore e attore del cambiamento e ha tante più probabilità di farcela quante più competenze relazionali vengono messe in gioco. 

La prossima settimana vi dirò le soluzioni che questo signore ha scelto per gestire i pasti quando è fuori casa. E le ha trovate lui da solo nel corso del colloquio motivazionale.

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