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Intolleranze alimentari: bufala o verità?

Dietista Vanessa Marrone 25/09/2013 0

Cari lettori, oggi vi parlo dell'enorme calderone delle intolleranze alimentari. Non so se vi siete sottoposti mai a questi test o avete mai avuto occasione di leggerne il referto. 
L'espressione più usata dai pazienti cui è stata "diagnosticata" un'intolleranza è: "Questo non lo posso mangiare. Questo nemmeno. Questo no, nemmeno quest'altro. Faccio prima a dire cosa posso mangiare!"
Cerchiamo di vederci più chiaro. Vedremo quali possono essere e come si possono manifestare. Alla fine troverete il parere di due esperti e le mie considerazioni personali. 

Davvero chi ha delle intolleranze deve privarsi di molto, quasi di tutto?

Le intolleranze alimentari possono avere tre diverse origini:
enzimatica: questa forma di intolleranza è dovuta alla carenza di un enzima specifico. In assenza dell’enzima, l’alimento non può essere digerito e quindi assorbito nell’intestino. Il mancato assorbimento causa fermentazione e diarrea.

Intolleranza al lattosio
E' la forma più comune di intolleranza. Il lattosio è lo zucchero del latte ed è formato da una molecola di glucosio e una di galattosio. Il legame tra le due molecole deve essere rotto dall’enzima lattasi che ha la funzione di liberare i due monosaccaridi che potranno così essere assorbiti. Se l’enzima non c’è, il lattosio arriva intatto nell’intestino e viene fermentato provocando gonfiore, dolore da distensione gassosa e diarrea. Si può diagnosticare SOLO con test del respiro.
In Italia ben il 40 % della popolazione è intollerante al lattosio ed è più frequente al Sud rispetto al Nord con picchi nella provincia di Napoli.

Intolleranze ai dolcificanti: sorbitolo, mannitolo, xilitolo
Sorbitolo, mannitolo e xilitolo appartengono alla famiglia degli alcoli; il loro metabolismo non necessita di insulina per cui il loro consumo è indicato per i diabetici. Occhio alla quantità però! Oltre una certa soglia possono non essere tollerati e avere un effetto lassativo con flatulenza, gonfiore, crampi addominali e diarrea.

Intolleranza al trealosio
Il trealosio è lo zucchero dei funghi, abbondante in modo particolare nel fungo porcino. È in aumento il numero di persone che, dopo aver consumato funghi crudi, manifesta un’intolleranza al trealosio. Non si tratta di una malattia da avvelenamento, che sarebbe dovuta alle tossine presenti nei funghi, ma di una reazione di ipersensibilità. Essa si manifesta con dolori addominali, diarrea e vomito. In questo caso non è necessario eliminare i funghi dall’alimentazione. Il trealosio si degrada alle alte temperature, perciò questa intolleranza si può risolvere semplicemente consumando funghi ben cotti.

Intolleranza al fruttosio
Il fruttosio è lo zucchero della frutta e del miele. Parliamo di intolleranza al fruttosio quando c’è un deficit su base ereditaria dell’enzima aldolasi B. In Occidente è un disordine molto raro perché ne è affetta una persona su 20000. Gli intolleranti al fruttosio possono avere problemi renali ed epatici e crisi ipoglicemiche (cali di zucchero). 
Oltre che al fruttosio assunto come tale, gli intolleranti devono fare attenzione anche agli altri zuccheri che a livello intestinale vengono convertiti in fruttosio, vale a dire: saccarosio, sorbitolo, sciroppo di glucosio, mannitolo, mannosio, maltitolo, xilitolo, eritritolo. Perciò no a fruttosio in bustina, frutta, dolciumi, succhi di frutta e di molte verdure.

farmacologica: le intolleranze farmacologiche si manifestano in soggetti che hanno una reattività particolare a determinate molecole che costituiscono i cibi o verso additivi, cioè sostanze aggiunte ai cibi per esaltarne le caratteristiche fisiche o il sapore o aumentarne il tempo di conservazione. Per esempio alcune persone hanno una certa sensibilità verso istamina, tiramina, feniletamina, caffeina, miristicina, capsaicina, alcol etilico, alcuni additivi tra cui glutammati, solfiti, nitrati e nitriti.

non nota: l’unico caso è la celiachia. La celiachia è una malattia dell’intestino causata da un’aumentata reattività dell’organismo al glutine, una proteina che costituisce alcuni cereali. È una forma molto comune, pensate che in Italia colpisce una persona ogni 200 abitanti! È più diffusa nell’America Settentrionale e in alcuni Paesi europei, mentre è quasi assente in Africa e in Asia. Questa diversa distribuzione geografica si può spiegare con il fatto che l’Occidente consuma un tipo di frumento più ricco di glutine.

Per quanto riguarda i test per le intolleranze alimentari vi riporto i pareri degli esperti in materia:

"Stanno sempre più dilagando test approssimativi, fantasiosi, magici e di moda che non hanno alcun fondamento scientifico e che pertanto, pur essendo molto diffusi, non sono approvati dalle Società di Allergologia, o dalla Federazione degli Ordini dei Medici, e mietono sempre maggior numero di incaute vittime. Queste metodologie sono sempre inefficaci, ma in alcuni casi possono anche essere non sufficientemente sicure e persino dannose, in quanto possono ritardare una diagnosi corretta e quindi l'applicazione dei provvedimenti terapeutici più idonei. Con questi test spesso si evidenziano delle presunte allergie o intolleranze a molteplici alimenti e sulla base dei risultati vengono prescritte diete approssimative, talora prive del necessario apporto calorico e/o vitaminico. Per la loro scarsa affidabilità non hanno infatti superato i controlli a cui sono stati sottoposti. Rientrano in queste metodiche il test leucocitotossico, i test di provocazione / neutralizzazione, il test DRIA, i test di elettroagopuntura (VEGA, SARM, ecc), la kinesiologia applicata, la biorisonanza, l'analisi del capello."

(INRAN, Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali)

"Per le intolleranze alimentari non sono disponibili test attendibili. I cosiddetti test "alternativi":
Kinesiologia applicata (DRIA test e simili), Test di citotossicità (Cytotoxic test o test di Bryan o ALCAT, ecc.), Test EAV (elettroagopuntura secondo Voll, Vega test, Sarm test, Biostrength test e loro varianti), Test di provocazione/neutralizzazione, Test di provocazione/ neutralizzazione sublinguale, Biorisonanza, Analisi del capello, Pulse test, Test del riflesso cardiaco-auricolare, Test Melisa, Mineralogramma, Iridologia, test Bioenergetico dei Virus e Batteri e simili non sono attendibili in quanto non sono in grado di individuare agenti causali di presunte "intolleranze alimentari", sono privi di validazione scientifica e non sono riproducibili. Inutile e scientificamente infondata è anche la ricerca di anticorpi della classe IgG specifici per alimenti.
I test citati […] oltre a non fornire informazioni utili dal punto di vista sanitario, sono costosi e possono indurre a diete inutili o dannose."

(Professor Guido Marcer, responsabile del servizio di Allergologia del dipartimento di Medicina ambientale e sanità pubblica - Medicina del lavoro dell'università di Padova)

Il mio consiglio è quindi di rivolgervi prima al vostro medico di medicina generale per un'anamnesi accurata. Se è il caso, sarete successivamente inviati ad un'unità di Allergologia di un Presidio Ospedaliero per sottoporvi a dei test, quelli validati e scientifici però! State in guardia dai test che si eseguono in ambulatori privati e farmacie. O correrete il rischio di:
- spendere molti soldini per avere risultati fasulli;
- fare diete molto restrittive che potrebbero causarvi carenze;
- non risolvere i vostri problemi di peso che di potrebbero aver poco a che fare con una probabile intolleranza. Le intolleranze non causano aumento di peso.
Quindi la risposta alla mia domanda iniziale "Davvero chi ha delle intolleranze deve privarsi di molto, quasi di tutto?" è: verifichiamo se l'intolleranza esiste davvero con test seri e regoliamoci di conseguenza. La maggior parte di coloro che risultano positivi a un test di intolleranza di quelli che vanno tanto di moda sta meglio e riesce a perdere peso semplicemente con un'alimentazione equilibrata. 
A riprova del fatto che per essere in salute basta una sana alimentazione.

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